L’evoluzione è un processo lento e graduale, vero. Ma non sempre. Nel mondo sneakers, ad esempio, capita che il progresso avvenga tramite salti improvvisi, destinati a cambiare le regole del mercato nell’equivalente commerciale di un battito di ciglia. Uno di questi improvvisi strappi è avvenuto senza dubbio nell’estate del 2012, poco prima delle olimpiadi di Londra, quando i due maggiori competitor sul mercato globale hanno lanciato scarpe caratterizzate da una nuova soluzione tecnica che sarebbe presto divenuta centro dei pensieri di sportivi e appassionati in tutto il mondo: la tomaia in maglia.
A tagliare il traguardo per prima, in quell’anno fondamentale per la storia recente delle sneakers è stata la casa dello Swoosh, che già a febbraio ha lanciato i primi modelli Nike Flyknit Racer, scarpe capaci di mantenere il supporto e la durata necessari a chi corre su lunghe distanze pur offrendo la vestibilità avvolgente e la leggerezza di una calza.
La tomaia di quel modello, aderentissima e praticamente priva di cuciture, con tutta la struttura e il sostegno intessuti, pesava solo 34 grammi. E l’intera scarpa poco più di un etto e mezzo, un vero record: la running più leggera e avvolgente mai realizzata dalla casa di Beaverton.
Nonostante i designer responsabili del progetto Primeknit avessero immediatamente dichiarato che si trattava di prodotti in fase di sviluppo da almeno quattro anni, e cioè dalle olimpiadi di Pechino 2008, Nike fece causa ad adidas presso un tribunale tedesco, adducendo la violazione del proprio brevetto di scarpe con tomaia knitted. Dopo un primo alt alla vendita di scarpe Primeknit, la corte approvò la difesa degli avvocati del Trifoglio, che avevano sostenuto in aula come le tomaie in questione non fossero altro che l’ultima evoluzione di un’idea nata addirittura negli anni Quaranta. Una vittoria che convinse adidas a passare all’attacco frontale, con una causa contro Nike
su suolo americano, volta a dimostrare che il rivale di sempre non poteva brevettare le sneakers con una tomaia in maglia, perché si trattava di una tecnologia già esistente. Un secondo verdetto favorevole spalancò al marchio con le tre strisce le porte del mercato americano: anche se la vicenda nei tribunali non era affatto chiusa, con nuove cause e nuovi appelli da una parte e dall’altra, da quel momento in poi apparve chiaro che il giudizio più importante sarebbe stato quello dei consumatori.
Dunque chi ha vinto le knit wars? Per ora possiamo dire si tratti di un sostanziale stallo: se Nike ha imposto per prima la soluzione delle tomaie in maglia sia al pubblico degli atleti che a quello più fashion, adidas ha senza dubbio vinto la battaglia dell’hype grazie soprattutto alle Yeezy di quello stesso Kanye West scippato proprio allo Swoosh, ma anche grazie ai molti altri modelli storici proposti nella versione Primeknit nel corso delle ultime stagioni.