Non siamo certo i primi a prenderne nota: il fenomeno è ormai in corso da qualche tempo. Però si tratta di una vera e propria rivoluzione in fieri, tanto sorprendente quanto impossibile da ignorare, una cesura epocale per il mercato delle sneakers. Detto con una metafora: il re ha perso il suo trono, e la sfida per la successione è aperta. Il re in questione è sua maestà Jordan, fino a poche stagioni fa signore incontrastato del mondo sneakers: i modelli retro Air Jordan erano desideratissimi, sempre al centro delle attenzioni della comunità degli appassionati, capaci di performance di vendita mostruose e, naturalmente, di fare la felicità dei reseller abbastanza fortunati da mettere le mani su qualche paio. Le scarpe con il Jumpman erano ai piedi di milioni di ragazzi nelle città dei quattro angoli del globo, ma anche di attori, artisti, musicisti e cosiddetti influencer di ogni tipo.
Dallo scorso anno, però, le cose sono iniziate a cambiare. Rapidamente.
E pensare che il 2015 ha segnato il trentesimo anno di successi della storia Jordan, iniziata con il primo modello del 1985 (ai tempi, costava solo 65 dollari americani: il 100% in meno rispetto a oggi). Una storia passata per i successi sportivi di Mr.Air, e continuata ben oltre le imprese sul parquet del giocatore più forte di sempre nel basket professionistico americano. Solo pochi mesi prima rispetto al suo ritiro dai campi (la parentesi con i Washington Wizards incide poco, non la contiamo neanche) il marchio Jordan era diventato indipendente – dal punto di vista dell’immagine, non da quello economico, ovviamente – dalla casa madre Nike, e proprio dal 1998 in poi l’importanza del brand è cresciuta a ogni stagione, pur se il suo simbolo si stava godendo una baby-pensione dorata. Fino alle vette raggiunte tra 2010 e 2015, anni in cui la febbre del retro model si è diffusa fino a contagiare quasi tutte le città del mondo.
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Poi però il giocattolo sembra essersi rotto. L’ultima prova l’abbiamo avuta nel corso dell’estate appena conclusa, intorno a un evento sportivo capace di catalizzare l’attenzione del mondo come i giochi olimpici di Rio. Prima e dopo le olimpiadi, com’è ovvio, sono arrivate tante uscite su cui il marchio Jordan ha puntato forte: a partire dalle Air Jordan V Low “Neymar”, per continuare con le VIII “Cigar” e “Champagne”, le 2 “Quai 54”, le V Retro OG “Metallic”, per non parlare del profluvio di Jordan X dedicate a diverse città del mondo. Risultato? Non c’è neppure bisogno di andare a spulciare i dati aggregati dal sempre utilissimo sito Campless.com per rendersi conto che molti di questi modelli sono ancora disponibili nei negozi, e che i prezzi sul mercato secondario non sono certo alle stelle. Che il marchio Jordan abbia perso parte del suo fascino per collezionisti e appassionati, insomma, è un fatto certificato proprio dall’estate appena passata.
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Quali cause hanno portato a questa stagione tutt’altro che calda per il marchio, a dispetto delle condizioni climatiche? Senza dubbio il diluvio di release mandate sugli scaffali dal 2013 in poi ha avuto un impatto notevole: più retro model di quanti sia fisicamente (economicamente, se volete) possibile comprare per un singolo appassionato hanno saturato il mercato, portando a un’inevitabile diminuzione dell’hype. I reseller, che contribuiscono non poco a creare le situazioni di sold-out istantaneo dei modelli più ricercati, si sono accorti che diveniva più difficile rivendere istantaneamente le Jordan retro, e perciò hanno diminuito i loro acquisti, aumentando di conseguenza il numero di paia disponibili per tutti gli altri, semplici appassionati e collezionisti. Inoltre l’aumento del prezzo retail – conseguente all’implementazione di progetti come Jordan Remastered, che ha portato a un miglioramento della qualità costruttiva – ha diminuito i margini tra acquisto e vendita sul mercato secondario, scoraggiando ancora di più i reseller.
Dunque resta da chiedersi: la diminuzione dell’hype intorno al marchio Jordan è un male? Francamente, è difficile dirlo. Sul breve periodo, tutto sommato sembra che gli unici davvero infelici siano i reseller. Il Jumpman continua a vendere i suoi retro model: meno velocemente, certo, ma a un prezzo maggiore. E allo stesso tempo gli appassionati hanno maggiori possibilità di aggiudicarsi le sneakers che desiderano: pagandole di più in negozio, ma comunque meno che sul mercato secondario. Bisogna però vedere se questa situazione non si rifletterà sull’immagine del marchio, che rischia di perdere la sua aura di esclusività e diventare di conseguenza meno desiderabile per lo sneakerhead medio, consumatore “aspirazionale” per definizione. Le performance di vendita delle release di fine anno, Jordan III “True Blue” e Jordan XI “Space Jam”, ci daranno qualche indizio in più sul futuro del brand. Ma possiamo essere sicuri che le stagioni stiano cambiando anche sul mercato. E che in qualche modo l’estate, per il marchio Jordan, sia davvero finita.
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Articolo estratto da Sneakers Magazine #74