La fine è vicina?
Grande è la confusione sotto il cielo dei nostri tempi, e abbiamo sempre l’impressione che nuove nuvole scure si aggiungano all’orizzonte. L’ultimo decennio ci ha connesso per la prima volta in modo totale e velocissimo con il mondo, e abbiamo scoperto, tutti quanti, che il mondo non è poi così accogliente. Le possibilità si moltiplicano, ma purtroppo anche le ansie.
Dal 2020 in poi, le certezze del mondo occidentale vacillano. E nel loro piccolo, anche quelle del mondo sneakers. Però, nel secondo caso non è detto necessariamente che sia un male. Le ultime stagioni infatti hanno visto cadere diversi totem che sembravano indistruttibili: le collaborazioni non tirano più, le limited edition non sono più abbastanza limited, le star servono a poco. Fino a mettere in discussione perfino l’idea stessa di sneakers come oggetto del desiderio definitivo.
Già: la fine della sneakers culture – intesa come quel movimento popolato di maniaci impallinati, nerd della tecnologia e del design, cultori del passato, che ha proiettato sulle scarpe l’immaginario di un’intera generazione – è forse vicina?
Inutile lanciare grida d’allarme: arrivati alla nostra età abbiamo ormai capito che in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma in compenso tutto costantemente si trasforma. Così se i tradizionali grandi player (tanto per non fare nomi, Nike e Adidas) sembrano attraversare una crisi creativa, i loro competitor principali sono pronti a coprire gli spazi lasciati liberi sul mercato, raccogliendo i frutti seminati nelle stagioni precedenti.
Se l’approccio eccessivo al design è venuto a noia al pubblico, ecco che torna al centro del discorso un’idea di eleganza minimale, che si accompagna alla ricerca della qualità. Se il mercato generalista rallenta, crescono a velocità impetuosa le nicchie, soprattutto quelle del lusso, che sempre più spesso fa rima con alto artigianato e Made in Italy. Se il concetto stesso di sneakers classica sembra perdere appeal, nascono decine di proposte ibride, capaci di coniugare la funzionalità sportiva con stilemi apparentemente lontanissimi da quel mondo estetico.
Probabilmente, è vero, per i giovanissimi oggi il significato simbolico delle sneakers è un po’ più debole rispetto alla generazione precedente. Ma questo non significa che alla lunga i ragazzi smetteranno di indossare sneakers, almeno per il prossimo secolo.
La trasformazione, si sa, è inutile osteggiarla: meglio abbracciarla, e non sprecare forze in battaglie vane contro il tempo che passa, ben consapevoli che su questo mondo e su questo mercato c’è spazio per tutti. Ecco perché in questo numero di Sneakers troverete modelli classici e ibridi sorprendenti, il lusso artigianale di una volta e le tecnologie futuristiche, scarpe raffinate come opere d’arte e altre un po’ignoranti, ma belle lo stesso. Arrivato alla chiusura di questo numero, sono certo che, in un modo o nell’altro, le sneakers saranno sempre al centro del discorso. Del resto, se – come raccontiamo a pagina 54 – ne parlano anche i candidati alla presidenza degli Stati Uniti, bè, un motivo ci sarà.