Non vogliamo dimenticarci che stiamo parlando di moda e di oggetti da collezione, ci mancherebbe. Eppure è il caso di ripensare completamente il modo in cui guardiamo alle sneakers: se fino a un decennio or sono potevamo ancora illuderci fosse rimasto qualche spazio per i gusti personali e il piacere della ricerca, oggi è difficile non sentirsi limoni spremuti dal marketing di marchi più o meno grandi (più spesso, grandi).
Che ci troviamo all’interno di una bolla, diventa evidente solo quando la bolla scoppia, e ciò che era incredibilmente (artificialmente) desiderabile, semplicemente non lo è più. Potremmo provare a mettere in fila un piccolo elenco: le Dunk, le Yeezy, le Nike di Off-White, Supreme, perfino Jordan…
A volte i meccanismi che portano un marchio a essere incredibilmente figo, e poi a perdere improvvisamente la sua coolness, sono misteriosi. In altri casi invece, la mano del marketing è evidente. Ma dopo aver vissuto l’ultimo, acceleratissimo decennio, possiamo facilmente concludere che l’unica conseguenza garantita di questi cicli di hype creati ad arte è una certa sensazione di stanchezza da parte dell’utente finale, che nel migliore dei casi perde ogni sentimento di ingenua positività nei confronti del marchio e finisce con il sentirsi tradito. A chi interessa, oggi, un paio di Air Force Mid di Off-White? Chi è disposto a spendere una cifra importante per assicurarsi le ennesime Air Force 1 con il logo Supreme? Chi potrebbe davvero eccitarsi per l’ennesimo modello di scarpe grigie con la firma di JJJJound?
Nonostante il fatto che la maggior parte dei grandi brand continui a macinare numeri importanti, la sensazione è che la noia si sia fatta strada nella mente dei consumatori. Il che non significa che il mercato sia destinato a collassare – le sneakers sono semplicemente il tipo di scarpe più diffuse al mondo, e miliardi di persone ne hanno almeno un paio nell’armadio: too big to fail, direbbe qualcuno – ma senza dubbio sarà difficile vedere nuovamente i picchi di domanda a cui abbiamo assistito negli ultimi anni.
Possiamo però proporre un metodo molto semplice per riequilibrare la situazione: basterebbe che tutti quanti noi – chiamateci collezionisti, appassionati, estimatori – ricominciassimo a comprare quello che ci piace, e non il prodotto più popolare del momento.